Le due organizzazioni hanno di recente realizzato degli eventi dedicati ai più giovani per affrontare il tema del rewilding, le applicazioni sul territorio in Appennino centrale e discutere insieme le azioni che le persone possono mettere in campo per accrescere il movimento.
Negli ultimi quarant’anni, tutela dell’ambiente e cambiamento climatico sono argomenti di cui tutti hanno sentito parlare sin dall’infanzia. Parlarne però non vuol dire sempre avere la possibilità di discutere soluzioni concrete, o riuscire a conciliare il desiderio di essere parte del cambiamento con una carriera lavorativa. Sentirsi impotenti davanti alle grandi trasformazioni di cui siamo parte nostro malgrado e ricercare sicurezza in un movimento che possano offrire percorsi risolutivi tangibili, sono sensazioni familiari a molti di coloro i quali si affacciano al mondo della tutela dell’ambiente anche solo per curiosità.
È questa la riflessione alla base dei due eventi nati dalla collaborazione tra il team di Rewilding Apennines (RA) e Giulia Testa, coordinatrice di European Young Rewilders (EYR), organizzati a giugno durante la sua esperienza di volontariato in Appennino centrale.
Come coordinatrice di EYR, Giulia conosce le esigenze e le storie di tanti coetanei che si approcciano al rewilding come modo per contribuire attivamente alla tutela e al ripristino dell’ambiente. Come volontaria, ha avuto modo di ascoltare le esigenze e i punti di vista di giovani provenienti da tutta Europa e impegnati quotidianamente in azioni di ripristino degli ecosistemi.
Dall’unione di queste due prospettive e dal desiderio di coinvolgere le comunità locali nelle attività di Rewilding Apennines, nascono i due eventi paralleli nei quali Giulia racconta il rewilding, i suoi principi fondanti e le sue prospettive future a due diverse categorie di giovani: da una parte i volontari di Rewilding Apennines, e dall’altra tutti coloro i quali sono incuriositi dal concetto di rewilding e vorrebbero essere parte attiva del cambiamento.
“Per molti di noi volontari, l’esperienza con Rewilding Apennines è la prima volta in cui sentiamo parlare di rewilding e di azioni concrete per il ripristino degli ecosistemi. L’incontro con Giulia ci ha offerto la possibilità di avere una visione più chiara di cosa sia il rewilding, delle sue implicazioni sul lungo periodo e dei benefici risultanti dal ripristino degli ecosistemi. La presentazione di Giulia ha sottolineato l’importanza di far parte del movimento rewilding e le potenzialità di questo movimento. Si è trattato di un momento di scambio tra persone con formazioni diverse, unite però da una causa comune, e dalla passione e dal rispetto per l’ambiente e per il movimento rewilding.”, racconta la volontaria francese Aliya Ballarin.
Il workshop di Giulia con i volontari di Rewilding Apennines ha avuto come punto focale proprio la filosofia rewilding e i suoi fondamenti. L’obiettivo era offrire una prospettiva più ampia sulle azioni quotidiane che i volontari portano avanti sul territorio. Rimuovere filo spinato vecchio di decenni dalle montagne, costruire recinti elettrificati per impedire agli animali selvatici di entrare in conflitto con agricoltori e allevatori, monitorare la presenza e le attività della fauna attraverso l’uso di fototrappole, possono sembrare azioni fini a sé stesse. Giulia, con la sua presentazione però, ha spostato l’attenzione dalle singole azioni al grande disegno di cui fanno parte: ripristinare la funzionalità dei processi ecologici affinché essi possano ritornare a funzionare autonomamente, e consentire alle persone e agli animali selvatici di condividere il territorio e le risorse riducendo al minimo i conflitti.
È stato messo l’accento anche sul ruolo importante che giovani professionisti e studenti hanno nello sviluppare il movimento rewilding, che si è affacciato allo scenario europeo solo recentemente. “I giovani si stanno sempre di più rendendo conto che proteggere quello che è rimasto della natura non è più sufficiente, bisogna ripristinare ciò che è stato perso. In un contesto dove le politiche ambientali spostano costantemente nel futuro le azioni necessarie, il ruolo dei giovani sarà sempre più cruciale” dichiara Giulia. Il secondo evento, intitolato “Rewilding Open Day” per rimandare volutamente ad una prospettiva di incontro e di formazione partecipata, e tenutosi nel cuore di Sulmona, aveva come obiettivo quello di introdurre il concetto di rewilding ad un pubblico più generale. Ancora una volta l’idea di reintrodurre o proteggere una specie per poter conservare o ripristinare un intero processo naturale sono stati al centro della discussione, così come il rapporto tra fauna e attività antropiche. La discussione si è poi spostata verso il concetto di gestione della fauna: monitorare le attività degli animali e posizionare delle recinzioni a protezione di frutteti o arnie è considerabile gestione? O gestire la fauna significa, come spesso viene inteso in una visione più tradizionale, controllarne i numeri attraverso l’intervento umano? Oppure l’unica cosa che dobbiamo gestire è l’attività umana?
Giulia, nella sua presentazione, ha posto l’accento anche sulla perdita di biodiversità. “Il punto di riferimento – che coincide con un obiettivo – per il ripristino ecologico è spesso meno ambizioso di quello che dovrebbe essere. Questo perché facciamo riferimento a condizioni sempre più recenti e, a causa del progressivo degrado ambientale e delle perdite di specie, abbiamo normalizzato condizioni ambientali negative e un numero basso di specie selvatiche” sottolinea Giulia. Pensare a un’Europa di grandi pascoli e boschi, abitata da una vera e propria megafauna sembra fantascienza; eppure, è parte di quel passato non troppo lontano del nostro continente. In questo contesto, anche solo immaginarla con migliaia di grandi predatori sembra essere messo in discussione. Qual è, quindi, la condizione passata a cui si fa riferimento quando si parla di ripristino della natura? Dobbiamo paragonare i successi attuali ad una situazione di quasi estinzione o a una popolazione di animali ecologicamente fiorente? Anche in questo caso il rewilding è una pratica che accontenta sia gli immaginari più ambiziosi sia quelli più realistici tentando di ripristinare non la presenza delle singole specie che hanno caratterizzato il passato di un territorio, ma i processi che permettono agli ambienti naturali di essere funzionali ed autonomi.
In entrambi gli incontri, infine, è stato affrontato il tema del mondo del lavoro, che richiede sempre più professionalità poliedriche e orientate alla tutela dell’ambiente. Come è stato sottolineato più volte, non è necessario far parte di un’associazione che abbia “Rewilding” nel nome per essere parte del movimento. Se ne fa parte quando si applicano i principi e le buone pratiche di questa filosofia nel proprio settore. Il mondo della tutela dell’ambiente necessita, assieme a biologi ed ecologi, di figure professionali provenienti dagli ambiti più disparati: da coloro che possano occuparsi di legislazione, a chi sia in grado di gestire l’aspetto finanziario, dai professionisti del marketing e della comunicazione, a progettisti e manager.
La presenza di Giulia Testa e, tramite lei, la collaborazione tra European Young Rewilders e Rewilding Apennines, hanno certamente posto le basi per l’ampliamento di quella rete di contatti e di professionalità che attraversa tutta Europa, rafforzando sia la connessione con le comunità locali in Appennino centrale sia lo spirito di collaborazione tra individui provenienti da nazioni diverse ma pronti a spendersi per un obiettivo comune: la tutela e il ripristino degli ecosistemi, e la valorizzazione delle attività legate al mondo naturale.