Di recente un sito web di notizie locali relative all’area del Gran Sasso ha pubblicato la lettera di un suo lettore senza prima verificare la veridicità del contenuto e, quindi, selezionare le corrette informazioni. Poiché questa lettera riguarda la presenza di esemplari di orso bruno marsicano nel Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga, molti si sono interrogati se essa possa minare il delicato processo di coesistenza pacifica tra le comunità locali e l’orso nei territori di nuova espansione della specie, che si sta conducendo anche attraverso il LIFE Bear-Smart Corridors.
Il fatto
In data 27 maggio il sito www.certastampa.it dava spazio ad una “lettera/denuncia” di Pasquale Iannetti “uomo della montagna, guida alpina, amante delle nostre vette“. Una lettera che si sperava, come la stessa redazione affermava, “potesse essere letta e compresa dai webeti ambientalisti, dai talebani verdi e da tutti quelli che nutrono la loro ignoranza”.
Purtroppo, però, all’interno di tale lettera, nettamente permeata da toni duri e allarmistici, sono presenti clamorose inesattezze e innumerevoli errori, molto probabilmente frutto della poca conoscenza della guida in materia di biologia della conservazione e di biologia dell’orso bruno marsicano.
Diffondere informazioni false, oltre a danneggiare gravemente il lavoro svolto da enti, università e organizzazioni che da molti anni si occupano di tutelare e favorire l’espansione spontanea della popolazione di orso bruno marsicano, può essere davvero pericoloso per la salvaguardia dell’orso stesso, in particolar modo in territori dove l’orso sta lentamente e faticosamente facendo il suo ritorno.
Come è normale che sia, la presenza di un grande mammifero come l’orso può facilmente destare preoccupazioni e timori nelle comunità locali non abituate alla sua presenza. Tali timori sono spesso però infondati e derivanti dalla non conoscenza e dalla non abitudine a convivere con l’orso. Sotto questa prospettiva, comunicazioni come quella del Sig. Iannetti sono davvero pericolose, perché alimentano luoghi comuni sbagliati, paure e timori dei cittadini, oltre ad essere scorrette nei confronti delle comunità stesse che in questi paesi vivono e hanno il diritto ad un’informazione trasparente e sincera. Questo sentimento di avversione ingiustificato alza il livello di criticità anziché favorire una convivenza pacifica.
Le false informazioni
È importante ribadire quanto la conservazione dell’orso passi attraverso la conoscenza, la consapevolezza e la responsabilità e per questo di seguito vengono smentite le due principali informazioni false contenute nella lettera in oggetto.
- “Da informazioni assunte presso gli Uffici del Parco abbiamo saputo che i due esemplari di orso bruno marsicano SONO STATI REINTRODOTTI nei territori del Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga senza le regolari autorizzazioni del Ministero dell’Ambiente”.
Come riportato anche nell’oggetto stesso della lettera, il sig. Iannetti afferma, senza addurre prova alcuna, che i due esemplari di orso maschio, che da circa due anni frequentano l’area del Gran Sasso, sono stati reintrodotti senza autorizzazioni. Tale affermazione è totalmente falsa, giacché non solo non è mai stata eseguita nessuna operazione di reintroduzione di orsi nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, ma gli orsi in questione sono giunti nel territorio del Parco “sulle loro zampe”. L’orso marsicano, come dovrebbe essere ben noto, soprattutto agli abruzzesi, è un animale in grado di spostarsi per lunghi tragitti, può infatti percorrere decine di chilometri al giorno e la presenza di individui in zone dove le comunità locali non hanno memoria della sua storica presenza è un fenomeno spontaneo e del tutto positivo per la sopravvivenza stessa della specie. L’uscita dal rischio di estinzione dell’orso marsicano, infatti, può avvenire soltanto se un numero sempre maggiore di individui riuscirà a ricolonizzare nuovi e più estesi territori, aree idonee dove vivere e riprodursi. Una di queste è proprio il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, analogamente a quanto avvenuto nel corso degli ultimi anni nel Parco Nazionale della Maiella. A supporto di ciò parlano chiaramente i fatti relativi, in primis, all’orso Juan Carrito: dai dati del radiocollare si è visto che è arrivato fino al Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga ed è tornato indietro. Prima di lui altri orsi dal Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise erano arrivati fino ai Monti Sibillini, come dimostrato dai dati della ricerca genetica, per poi tornare indietro. Gli orsi maschi hanno una naturale tendenza alla dispersione, anche di centinaia di chilometri, rispetto al luogo dove nascono perché la finalità biologica è quella di creare progenie lontano dai parenti più stretti. Tuttavia, se i maschi in dispersione non trovano femmine disponibili nel nuovo territorio, tendenzialmente tornano indietro per aumentare le possibilità riproduttive, non perché il nuovo territorio sia poco idoneo alla loro vita. Al contrario, le femmine si spostano molto meno dai luoghi di nascita, ma i dati disponibili dicono che il fenomeno dell’espansione delle femmine in nuovi territori è in corso, sebbene più lento rispetto a quello dei maschi. Alla luce di ciò, immaginare la traslocazione di due maschi in una nuova area priva di femmine riproduttive non ha alcuna logica scientifica per il futuro della popolazione. Quindi gli orsi che oggi frequentano le aree del Gran Sasso ci sono arrivati da soli e hanno deciso per ora di rimanere.
Quella della reintroduzione, dunque, è una notizia falsa.
- “Gli orsi presenti nel territorio del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga SONO UNA SPECIE NON AUTOCTONA”.
Sempre nella sua lettera, il sig. Iannetti afferma che la supposta “reintroduzione” abbia interessato una specie di fauna non autoctona e quindi aliena ai territori del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. In biologia della conservazione vengono definite come “aliene”:
le specie (dette anche “alloctone” o “esotiche”), sia animali che vegetali, introdotte dall’uomo, volontariamente o involontariamente, in zone al di fuori del loro areale storico e originario.
Proprio per questo tali affermazioni hanno suscitato, sinceramente, molto scalpore e interesse in chi si occupa di conservazione dell’orso marsicano: si tratta di una sottospecie di orso bruno, endemica non solo del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, ma di tutto l’intero Appennino Centrale, di cui il Gran Sasso e i Monti della Laga fanno chiaramente parte. Non solo, la letteratura scientifica come pure le memorie storiche hanno ormai più che confermato l’inequivocabile presenza storica dell’orso nel corso dei secoli passati – dalle rappresentazioni artistiche, ad esempio le maioliche di Castelli, ai toponimi e ai cognomi di molte famiglie con riferimento all’orso – lungo la quasi intera dorsale appenninica italiana. Occorre ricordare che la popolazione di orsi in Appennino si è progressivamente ridotta per cause antropiche e che la scala temporale dei processi naturali è ben più lunga della memoria generazionale, che si focalizza sui ricordi di nonni e bisnonni rispetto alla presenza degli orsi. Come è mai possibile allora poter parlare, ancora nel 2023, di specie aliena facendo riferimento alla presenza di due individui di orso bruno marsicano sulle montagne simbolo di quella che viene definita la “Regione Verde d’Europa”?
Quindi anche quella relativa al fatto che l’orso sia una specie aliena è una notizia falsa.
Alla base della convivenza c’è sempre la conoscenza
Alla luce di quanto esposto, però, oltre a chiedersi come mai un “uomo della montagna, guida alpina, amante delle nostre vette” ignori questi fatti, che sono basilari della cultura della regione in cui vive, ci si chiede perché tali affermazioni non siano state sottoposte a verifica da parte della redazione prima di essere pubblicate. La domanda, ovviamente, non riguarda la libertà di pensiero, che ognuno può legittimamente esercitare, quanto il fatto che è mancata ogni e qualunque comunicazione a corredo di notizie palesemente false e prive di qualunque fondamento.
Ad ogni modo, anche per episodi come questo, dal 2022 è iniziato un progetto europeo chiamato LIFE Bear-Smart Corridors che, tra i suoi numerosi obiettivi, mira a favorire l’espansione spontanea dell’orso marsicano nell’Appennino centrale attraverso la messa in sicurezza dei corridoi ecologici che collegano aree idonee alla specie, quali parchi e riserve, e mediante un processo di crescita di consapevolezza delle comunità locali verso le buone pratiche di coesistenza uomo-orso. L’ambizione è proprio quella di costruire insieme Comunità a Misura d’Orso che siano orgogliose delle proprie ricchezze naturali, che sappiano vivere in armonia con esse e che vedano nella fauna selvatica opportunità e non minacce per le proprie esistenze.
Un progetto che aiuterà tutti gli Enti e le Associazioni coinvolte anche a rispondere meglio ad articoli come quello sopra citato, perché rappresentano una vera e propria disinformazione che danneggia il territorio, l’intelligenza delle comunità e, ancor di più, l’orso stesso.
Per accrescere la propria conoscenza sull’orso marsicano, si segnalano diverse fonti autorevoli da consultare facilmente:
- Le edizioni di Rapporto Orso redatte negli ultimi sette anni dal Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise insieme a tutti gli altri Parchi abruzzesi, alle Regioni e alle Associazioni che lavorano per la conservazione e l’espansione dell’orso bruno marsicano.
- L’Orso e la Formica, un progetto multimediale di divulgazione di tutte le conoscenze ad oggi disponibili sull’orso bruno marsicano.
- Salviamo l’Orso, associazione che da oltre dieci anni si occupa di favorire la convivenza uomo-orso nelle aree di corridoi ecologici dell’Appennino centrale. Insieme, Salviamo l’Orso e Rewilding Apennines realizzano azioni concrete e di supporto alle comunità locali, e a fianco di enti e istituzioni.
- Riserva Naturale Regionale Monte Genzana Alto Gizio, la Riserva regionale più ampia d’Abruzzo che di recente ha visto cambiare il proprio status di conservazione per l’orso da area corridoio ad area centrale grazie alla presenza costante di diversi individui.
- Parco Regionale Sirente Velino, l’area protetta immediatamente più a nord dell’area rifugio del PNALM che da anni è già frequentata da individui di orso bruno marsicano.
- Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga, un territorio enorme e altamente idoneo per la specie, che da alcuni anni è frequentato da esemplari di orso avvistati per lunghi periodi.
- Parco Nazionale della Maiella, il primo dei parchi nazionali dell’Appennino centrale ad aver visto tornare l’orso in pianta stabile da molti anni