Lupi, emozioni e spiritualità: un incontro tra due giganti della conservazione

Giugno 7, 2024

Alla conferenza finale del progetto LIFE WolfAlps EU, si è discusso intensamente della coesistenza tra uomo e lupo. Rewilding Apennines non poteva mancare a questo evento cruciale. Tra i tanti interventi stimolanti ci ha colpito soprattutto il dialogo tra due giganti della conservazione del lupo: Douglas W. Smith e Luigi Boitani.

I lupi eurasiatici sono predatori fondamentali in Europa e contribuiscono a mantenere un sano equilibrio negli ecosistemi.
I lupi eurasiatici sono predatori fondamentali in Europa e contribuiscono a mantenere un sano equilibrio negli ecosistemi.

 

Venerdì 17 maggio, al Muse – Museo delle Scienze di Trento, si è tenuto un incontro straordinario nell’ambito della conferenza finale del progetto Life WolfAlps EU. Due delle più autorevoli figure della conservazione del lupo, Douglas W. Smith e Luigi Boitani, si sono ritrovate per condividere esperienze, emozioni e riflessioni su un animale che rappresenta molto più di una semplice specie predatrice. Non si è trattato di un incontro formale basato su dati e informazioni scientifiche, ma di un dialogo informale in cui i due scienziati hanno condiviso i loro punti di vista personali sul lupo.

 

Douglas W. Smith e Luigi Boitani il 17 maggio 2024 al MUSE - Museo delle Scienze di Trento durante la conferenza finale del Progetto LIFE WolfAlpsEU.
Douglas W. Smith e Luigi Boitani il 17 maggio 2024 al MUSE – Museo delle Scienze di Trento – durante la conferenza finale del Progetto LIFE WolfAlps EU.
Matteo De Stefano - Archivio MUSE

 

Douglas Smith, l’uomo dietro la reintroduzione del lupo nel Parco Nazionale di Yellowstone, ha aperto l’incontro con una narrazione che ha toccato corde profonde. Ha raccontato delle sue esperienze, offrendo un ritratto a momenti desolante, ma realistico, dell’attitudine americana verso la natura. Con la forza della sua esperienza acquisita in quarant’anni di lavoro sul campo, ha navigato con calma e saggezza tra acque turbolente esplorando non solo le complessità ecologiche, ma anche le implicazioni sociali, filosofiche e spirituali della conservazione del lupo.

Ha parlato della centralità delle libertà individuali nella cultura statunitense e di come queste possano essere un ostacolo al dialogo tra diversi portatori di interessi. Tocca un nervo scoperto quando mostra la fotografia di persone mascherate come ai tempi del vecchio Ku Klux Klan che mostrano il cadavere di un lupo, rivelando come anche negli USA la figura del lupo spesso sia solo il riflesso di questioni sociali più ampie e complesse.

Con il passare del tempo, ha spiegato Smith, le sue motivazioni ecologiche riguardo la protezione della natura hanno lasciato sempre più spazio a considerazioni di natura etica e spirituale. Cita un episodio in particolare che sembra aver illuminato questa trasformazione: l’incontro con una tribù di nativi americani dell’area di Yellowstone, venuti a pregare per il lupo durante la reintroduzione. Per loro, il ritorno del lupo non aveva nulla a che fare con un ecosistema sano o con l’etica della conservazione. Era solo una questione di spiritualità.

Questa riflessione ha aperto la strada a una domanda provocatoria: è davvero necessario attribuire al lupo un ruolo nell’ecosistema per giustificarne la protezione? Proprio Luigi Boitani, il padre della conservazione del lupo in Italia, ha incalzato Smith su questo punto, sottolineando la complessità delle dinamiche preda-predatore. Entrambi si sono mostrati scettici nel sostenere che il lupo svolga sempre un ruolo di regolatore delle prede, soprattutto perché densità elevate di lupi, necessarie per questo equilibrio, sono difficilmente accettabili per l’essere umano.

Smith ha descritto Yellowstone come un laboratorio perfetto, dove una dinamica unica tra sei specie di predatori e otto specie di prede ha offerto agli ecologi un’opportunità irripetibile. Ha evidenziato l’importanza degli studi a lungo termine per comprendere appieno questi sistemi complessi e ha parlato dell’approccio utilizzato: partire dall’analisi dei singoli lupi rilasciati per costruire un quadro della popolazione nascente. Un approccio inverso a quello che generalmente viene utilizzato nello studio di popolazioni animali dove si parte dalla popolazione nel suo complesso.

 

Giovane di lupo selvatico italiano (Canis lupus italicus) che si nutre della testa posteriore di cervo (Cervus elaphus). Appennino centrale.
Giovane di lupo selvatico italiano (Canis lupus italicus) che si nutre della testa di cervo (Cervus elaphus), Appennino centrale.
Bruno D'Amicis

 

Boitani ha poi suggerito che si dovrebbe scrivere un libro sulle personalità dei lupi, poiché non esiste un “lupo” unico, come siamo abituati a pensare, ma molti lupi, ciascuno con le proprie attitudini, le proprie capacità, la propria personalità. Smith ha concordato, sottolineando che il lupo, spesso visto come una specie forte e resiliente, ha in realtà un sistema sociale incredibilmente fragile. Se è vero che la specie può sopravvivere a caccia e bracconaggio, ogni lupo ucciso rappresenta una perdita di una individualità unica, di una storia personale che non può essere sostituita.

Questo incontro al Muse ha offerto una prospettiva affascinante e toccante sulla conservazione del lupo, andando oltre le mere questioni ecologiche per esplorare le profondità delle connessioni umane con la natura. Un momento di riflessione che ci ricorda quanto sia complessa e meravigliosa la nostra relazione con il mondo selvatico e quanto sia importante proteggere non solo le specie, ma anche le storie e le emozioni che esse incarnano.

Guarda la registrazione integrale del dialogo.

 

Lupo iberico in natura
Lupo iberico in natura.
Andoni Canela