Brutto colpo alla coesistenza: rinvenute carcasse di animali selvatici avvelenati in uno dei corridoi ecologici in Appennino centrale
Come comunicato dal PNALM il 15 aprile scorso, l’area tra Cocullo e Goriano Sicoli che l’orsa Amarena e i suoi quattro cuccioli stanno frequentando da diversi giorni è stata recentemente interessata da avvelenamenti di fauna selvatica. Si tratta di una zona al confine del Parco Regionale Sirente Velin
o, di cui faceva parte fino ai tagli del 1998-2000.
Il mattino del 26 marzo, alcuni volontari di Salviamo l’Orso e il personale di Rewilding Apennines hanno rinvenuto le carcasse di un lupo e di un corvo imperiale in una vallecola non lontana dalla SP 60. Allertati immediatamente i Carabinieri Forestali, hanno continuato a perlustrare la zona nel pomeriggio del 26 e la mattina del 27 con il ritrovamento di altri quattro corvi imperiali e due grifoni morti.
Nei giorni successivi i Carabinieri Forestali hanno battuto la zona con diverse unità cinofile, rinvenendo altri animali morti e alcuni bocconi avvelenati, aggravando il bilancio della strage.
Grazie alla fruttuosa sinergia tra le associazioni, i Carabinieri Forestali e le ASL di Sulmona e Avezzano, è stato possibile rimuovere immediatamente le carcasse e conferirle al personale dell’Istituto Zooprofilattico Abruzzo e Molise per le analisi tossicologiche, interrompendo così la catena di morte che avevano innescato. Sebbene i risultati delle necroscopie non siano ancora pervenuti, è evidente che si sia trattato di avvelenamenti, perpetrati da qualche scellerato con bocconi avvelenati, che hanno ucciso il lupo e, a cascata, gli uccelli necrofagi che si sono alimentati della carcassa.
L’intervento è stato provvidenziale perché è avvenuto pochi giorni prima che la famiglia di orsi iniziasse a frequentare la zona, ma alimenta gravi preoccupazioni nel dubbio che l’area sia stata completamente bonificata dal veleno o che qualcuno possa reiterare il reato.
Che nel 2021 si continui a ricorrere al veleno per risolvere i conflitti con la fauna dimostra quanto la strada per la convivenza con gli animali selvatici sia ancora lunga e impervia.
Oltre alle considerazioni etiche sull’utilizzo di sostanze nocive, che condannano gli animali che le assumono a una morte atroce, disperdere veleno in natura è illegale (articoli 544-bis, 544-ter e art 674 del Codice Penale, L. 157/92, Ordinanza Ministeriale 12 luglio 2019, come successivamente prorogata, L.R. 25/2017) perché costituisce un grave rischio per la salute dell’uomo, degli animali e per l’ambiente. I danni che arreca sono superiori a qualsivoglia apparente beneficio economico perché:
- Avvelena indiscriminatamente ogni forma di vita con cui viene in contatto, il suolo e le falde acquifere.
- La perdita di biodiversità che provoca comporta la mancata fornitura di servizi ecosistemici essenziali, come quello degli animali necrofagi che consumano carcasse potenzialmente infette, prevenendo la diffusione di malattie.
- Come suggeriscono gli esperti, l’eliminazione di un branco di lupi porterà sicuramente all’occupazione del medesimo territorio da parte di uno o più branchi. Inoltre, potrebbe essere favorita non solo l’ibridazione lupo-cane con grave rischio per la conservazione del lupo, ma anche la presenza stabile dei cani vaganti e inselvatichiti con grave danno alla fauna e al bestiame.
- Il danno di immagine per la perdita di specie protette, tutte quelle già menzionate, e per l’insalubrità dei luoghi è incalcolabile dal punto di vista socioeconomico.
L’impegno di tutti è essenziale per debellare questo fenomeno sempre attuale, che continua a essere alimentato da ignoranza, indifferenza e da una scarsissima cultura ecologica e della legalità. Le Regioni dovrebbero attuare le proposte di inasprimento delle sanzioni per questi crimini ambientali contenute nella Strategia contro l’uso del veleno delineata dal LIFE Antidoto, prendendo spunto dall’art. 83 della Legge 8/2003 sulla flora e la fauna selvatiche dell’Andalusia, in Spagna, che prevede la sospensione di licenza/autorizzazione per un periodo compreso tra cinque e dieci anni per qualunque attività economica nelle aree interessate dalla dispersione di sostanze avvelenate.
Il lavoro quotidiano delle associazioni ha sempre dimostrato che la convivenza con la fauna selvatica è possibile attraverso numerose soluzioni a vantaggio di tutti, specialmente di quelle categorie economiche apparentemente svantaggiate, sebbene abbiano accesso a fondi anche rilevanti. Dunque, auspichiamo che gli esecutori di queste pratiche deplorevoli, vili ed egoiste le abbandonino, dimostrando così di saper vivere i nostri tempi con consapevolezza e rispetto verso altri esseri viventi.